Successione dei Legittimari: Quote per Figli, Coniuge e Ascendenti

Quando viene a mancare una persona spesso, in sede di apertura del testamento, si sente parlare di legittimari, quote, successione legittima e altri termini.

Ma come si traducono concretamente queste parole in ambito di successione testamentaria? Quanto spetta a chi? Il testatore può disporre al 100% dei suoi beni, oppure la legge stabilisce le quote per successione?

Lo vediamo nel corso di questo articolo in cui cerchiamo di fare chiarezza su questi concetti.

Continua a leggere per approfondire l’argomento.

Cosa dice il Codice Civile?

Il Capo X del libro II del Codice Civile è dedicato alla successione dei legittimari, chiamata di solito successione necessaria perché si determina ope legis, anche contro la volontà dello stesso defunto.

Le norme in questione hanno un preciso obiettivo: limitare, in parte, la possibilità del testatore di disporre del proprio patrimonio e assicurare una quota legittima ai suoi parenti più stretti che, ai sensi dell’articolo 536 del codice civile, sono definiti come legittimari.

A loro la legge riserva la cosiddetta legittima, cioè una parte del patrimonio che non gli può essere sottratta in alcun caso (salvo, ovviamente, che rinuncino all’eredità).

In pratica, quindi, il de cuius (cioè colui che fa il testamento) ha una parte dei suoi beni per i quali può fare ciò che meglio ritiene: tale parte è detta quota disponibile.

Un’altra parte, invece, deve spettare per forza ai parenti, cioè a quelli che la legge chiama legittimari.


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Chi sono i legittimari?

La legge prevede che siano: il coniuge, i figli legittimi e figli naturali e gli ascendenti legittimi. In passato tra figli legittimi e naturali c’erano delle differenze che sono state eliminate con la riforma del diritto di famiglia del 1975.

Il coniuge di cui parla l’articolo 536 del codice è ritenuto come tale se al momento dell’apertura della successione si trovi ad essere legato da vincolo di matrimonio oppure risulti essere separato senza l’addebito della separazione.

Il coniuge separato con addebito, invece, ha diritto ad un assegno vitalizio se al momento della successione godeva comunque degli alimenti da parte del coniuge defunto.

Con la legge 76/2016 (legge Cirinnà) acquisiscono il diritto di successione anche le coppie dello stesso sesso unite civilmente.

Passiamo, ora, al calcolo delle quote.

Calcolo della quota che spetta ai legittimari

La quota che spetta ai legittimari si calcola aggiungendo al patrimonio che il defunto ha lasciato in successione – patrimonio dal quale, ricordiamolo, devono essere sottratti gli eventuali debiti – quanto da lui è stato donato nel mentre era in vita.

Per il calcolo della quota dei legittimari, quindi, al valore netto del patrimonio bisogna sommare i beni che sono stati donati: la dottrina parla di riunione fittizia delle donazioni perché ha un effetto meramente contabile, non si va ad incidere su quanto è stato donato ma lo si considera solo come base ai fini di questo specifico calcolo.

E se il defunto ha donato o disposto oltre quanto poteva? E’ una cosa tutt’altro che impossibile, perché questi avrebbe potuto effettuare donazioni o disporre per testamento per una quota eccedente rispetto a quanto gli sarebbe spettato in base alla sua disponibilità.

In questo caso i legittimari, vedendo la cosiddetta lesione della legittima, potrebbero esercitare l’azione di riduzione per vedere ripristinato quanto gli spetta.

Riserve a favore dei figli, del coniuge e degli ascendenti

La legge prevede esplicitamente come funziona la riserva, cioè la quota che effettivamente spetta ai legittimari.

Chiariamola schematicamente ipotizzando le varie ipotesi che possono esserci al momento dell’apertura della successione:

  • c’è un solo figlio e manca il coniuge: a quest’ultimo spetta metà del patrimonio;
  • ci sono due o più figli e manca il coniuge: a loro spettano i 2/3 del patrimonio da dividersi in parti uguali;
  • c’è un solo figlio e il coniuge: un terzo spetta al figlio ed un terzo al coniuge superstite;
  • ci sono due figli e il coniuge: ai figli spetta metà del patrimonio ed al coniuge un quarto.

Per i figli il codice ha adottato il sistema definito della quota mobile perché la parte che viene riservata al figlio varia in base al variare del numero.

La rinuncia eventuale di uno dei figli non riduce la quota di legittima che spetta a tutti.

Esempio: ci sono tre figli (e non c’è il coniuge) ed uno di loro rinuncia, agli altri due spettano comunque i due terzi del patrimonio.

Passiamo ora alla riserva a favore del coniuge:

  • c’è solo il coniuge e nessun figlio: al coniuge spetta la metà del patrimonio;
  • c’è il coniuge e gli ascendenti legittimi: al coniuge spetta metà del patrimonio e agli ascendenti spetta un quarto.

Chiudiamo, infine, con l’ipotesi che ci siano solo ascendenti legittimi: in questo caso a loro spetta una legittima pari a un terzo del patrimonio mentre i restanti due terzi sono disponibili.

…E se non vi sono eredi sino al sesto grado? La successione vacante

Qualora il testatore non avesse eredi legittimi entro il 6 grado (tra parenti ed affini), cosa ne sarà dell’eredità?

In questo caso si parla di successione vacante e il tutto viene ereditato dallo Stato, a meno che il testatore stesso non abbia lasciato disposizioni circa la possibilità di devolvere le quote a qualche associazione o alla Chiesa.

La rinuncia all’eredità e l’eredità con beneficio d’inventario

Infine, un ultimo paragrafo integrativo: quanto tempo hanno gli eredi per accettare l’eredità? Dopo quanto cade in prescrizione? E come comportarsi qualora si ereditassero debiti?

Iniziamo a rispondere ai dubbi circa la prescrizione e la tacita rinuncia: se gli eredi non accettano l’eredità entro 10 anni dall’apertura del testamento e della successione, allora l’eredità cade in prescrizione.

Qualora, invece, gli eredi fossero preoccupati che la presenza di eventuali debiti possa avere ripercussioni sul proprio patrimonio personale, allora è possibile accettare l’eredità con beneficio d’inventario.

Ciò significa che il patrimonio del de cuius e quello dell’erede non si fondono, e così i debiti vengono sanati esclusivamente con i beni del defunto, senza che l’erede possa in qualche modo rimetterci.


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Imprenditore e Investitore - Co-fondatore di Affari Miei
Ha fondato Affari Miei nel 2014. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha approfondito la sua storica passione per l'economia e la finanza conseguendo un Master Executive in Consulenza Finanziaria Indipendente. É autore dei libri "Vivere di Rendita - Raggiungi l'Obiettivo con il Metodo RGGI" (2019) e "Investimenti Sicuri - Come Proteggere il Tuo Patrimonio e Vivere di Rendita" (2023).
Categorie: Successione

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