Ho cambiato idea: COMPRARE LA PRIMA CASA CONVIENE!

Nel mondo reale l’80% della popolazione ha una casa di proprietà, su internet tutti vi dicono che l’acquisto è una boiata. Ma chi ha ragione?

Negli ultimi tempi molte delle persone che si avvicinano a noi esordiscono con concetti del tipo: “Ho comprato la casa/mi sono già fatto la mia bella casa, anche se Davide dice diversamente”.

Mi pare paradossale che in tanti si sentano in dovere di giustificare quanto hanno fatto con i soldi propri e per questo ho pensato di fare una nuova riflessione sul tema.

Partiamo dal primo assunto di base: trattandosi di un acquisto importante, tutti tendono a rubricarlo alla stregua di un investimento nonostante tecnicamente non lo sia.

Però ci vogliono tanti soldi, per la maggior parte delle persone è l’unico acquisto di un certo peso di tutta la vita, di qui il grosso carico emotivo della cosa.

Da anni affermo che la casa è un bene di consumo che, come qualsiasi bene di consumo, tende a degradarsi e necessita di manutenzione. Inoltre è un bene inserito in un mercato, quello delle persone che hanno bisogno di un tetto sulla testa, che è da anni in evidente contrazione visto che le città si spopolano e non si fanno più figli.

Ciò nonostante, è un bene di consumo che si degrada molto meno degli altri: le automobili dopo che le compri, come si suol dire, hanno perso almeno il valore dell’IVA appena usciti dalla concessionaria, i vestiti dopo X anni si rovinano, altri strumenti peggio ancora.

La casa, invece, salvo sciagure…sta sempre lì!

E quindi ho raccontato fesserie per tantissimi anni allineandomi al coro dei tromboni che leggono i libri americani e giocano a fare gli esperti di finanza personale?

Non proprio, anzi.

L’acquisto di un immobile rientra nel filone della finanza personale, cioè delle scelte che riguardano l’individuo.

In quanto tali, va scomposto in due dimensioni: una economica, l’altra emotiva.

Partiamo dalla prima. Se io compro una casa per starci dentro 30 anni sto facendo un buon affare perché, dopo 30 anni, avrò un tetto sulla testa che anche nella peggiore delle ipotesi non potrà valere 0.

I nostri genitori o i nostri nonni, che poi sono quelli che spesso ci hanno lasciato il patrimonio o dei quali cerchiamo di emulare le gesta, dal loro punto di vista hanno fatto bene: il Paese era in crescita demografica, non ci si spostava come oggi, il lavoro era più stabile e duraturo.

Loro che, spesso, sono nati, cresciuti e morti in un fazzoletto di pochi chilometri non potevano fare di meglio.

E lo stesso può essere anche per noi se pensiamo di nascere, crescere e morire in un unico luogo.

Più il luogo in cui abitiamo è economicamente depresso (praticamente il 60% del territorio nazionale, eccetto grandi centri urbani, località turistiche ed aree industrializzate come la Pianura Padana) e meglio è acquistare, perché le case in affitto fanno pena e il valore degli appartamenti è talmente basso che basta avere un lavoro semifisso per poter pagare il mutuo.

A Montesano sulla Marcellana o a Grottaglie non credo ci siano gli alloggi a impatto energetico zero super fighi, ci sono i ruderi di 70 anni fa trasformati in case o i palazzoni tirati su negli anni ‘70 che chi può ha acquistato o sistemato.

Le case in affitto sono spesso fatiscenti perché le uniche persone che sovente stanno bene economicamente sono legate al territorio in maniera stabile (liberi professionisti, imprenditori, dipendenti statali) e non arrivano molte persone “da fuori” per lavorare o studiare come accade in una grande città.

Ma veramente possiamo tutti vivere così, sempre nello stesso luogo?

I dati dicono il contrario perché oltre 5 milioni di nostri concittadini sono iscritti all’AIRE, l’anagrafe degli Italiani all’estero e ci sono valide ragioni per pensare che moltissimi altri siano fuori pur avendo mantenuto la residenza in patria.

In più periodicamente i rapporti SVIMEZ ci ricordano che dal Meridione, dove l’amore morboso per il mattone è ancora più radicato, negli ultimi 15 anni sono andati via in 2 milioni distribuiti tra il Nord Italia e, appunto, l’estero.

Se poi ci mettiamo che le aziende nascono e chiudono in poco tempo o cambiano rapidamente sede, anche vivere in una grossa area urbana non ci dà garanzie perché magari il posto di lavoro, all’improvviso, si allontana di 30-40 minuti di auto e moriamo facendo i pendolari su un treno, una metro o nel traffico mentre avevamo comprato la casa di fronte l’ufficio.

Il grande problema per cui per anni ho sottolineato, quindi, che finanziariamente la scelta non sempre è sensata è proprio questo: è giusto comprare una cosa che useremo per 30 anni, ma non sempre possiamo farlo.

E se non possiamo farlo, finiamo in un circolo vizioso dove:

  • potremmo dover vendere il nostro immobile in un momento in cui si è svalutato, perdendoci dei soldi;
  • potremmo provare a metterlo in locazione, dopo che magari ci avevamo speso decine di migliaia di euro per farlo come piaceva a noi, dandolo magari ad un inquilino che ce lo sfascia o che non ci paga con la legge che lo tutela (si veda il recente scandaloso blocco delle esecuzioni e degli sfratti);
  • potremmo decidere di vendere prima che siano passati 5 anni con lo Stato che ci obbliga a ricomprare entro un anno (con nuove spese notarili e di agenzia oltre che tempo che per molti non vale niente ma che per me vale tanto) altrimenti ci chiede indietro il beneficio dell’imposta di registro ridotta sulla prima casa.

Insomma, viviamo in una società dove certe cose, pur non sbagliate in linea di principio, non si possono fare più.

Poi c’è il secondo aspetto, quello emotivo. Su questo tema non ci sono ragioni finanziarie che tengano ed è un martellamento di zebedei cercare giustificazioni di natura economica se siamo mossi da altri sentimenti.

Se una persona vuole comprare un immobile perché vi vede un momento di realizzazione personale, vuole divertirsi nell’arredarselo come gli pare eccetera eccetera…che lo faccia! La felicità non ha un valore economico…quando possiamo permetterci di fare quello che stiamo andando a realizzare!

Che sia una casa, una moto, un’automobile, una vacanza… chi se ne frega! Si vive una volta sola, o no?

Ma non serve una giustificazione economica come in tutte le cose belle della vita: non è che uno si fidanza o si sposa perché il partner è pieno di soldi e pensa di arricchirsi, lo fa perché ha piacere nel farlo.

Oddio, conosco anche persone che hanno optato per il matrimonio di interessi ma, guarda un po’, sono infelici e confusi come quelli che cercano una giustificazione finanziaria per un acquisto di piacere.

Per concludere

Se uno vuole comprarsi la casa per piacere…che lo faccia pure e tanti auguri, è pur sempre un traguardo importantissimo!

Se una persona, per una qualche ragione, crede di restare a vivere sempre nello stesso posto per i prossimi 20-30 anni… che compri pure, perché sprecare i soldi dell’affitto?

Se la casa ce l’hanno lasciata i nostri genitori o i nostri nonni e dobbiamo tirar fuori 0 euro per abitarvi o al massimo pochi soldi per rendere l’alloggio abitabile…perché non farlo?

Se, però, abbiamo cognizione del tempo che stiamo vivendo, basato su cambiamenti spesso improvvisi e sulla geografia del lavoro e dell’economia mutevole…non vedo ragioni per cui debba giustificare finanziariamente una scelta che non ha senso.

Chest’è… come amo dire!


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Imprenditore e Investitore - Co-fondatore di Affari Miei
Ha fondato Affari Miei nel 2014. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha approfondito la sua storica passione per l'economia e la finanza conseguendo un Master Executive in Consulenza Finanziaria Indipendente. É autore dei libri "Vivere di Rendita - Raggiungi l'Obiettivo con il Metodo RGGI" (2019) e "Investimenti Sicuri - Come Proteggere il Tuo Patrimonio e Vivere di Rendita" (2023).

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