Fondi Comuni d’Investimento in Perdita: Che fare quando i Fondi Vanno Male?

Ogni pochi anni si ripresenta puntuale la stessa storia: gli investimenti in fondi comuni, venduti come soluzioni sicure e a lungo termine, finiscono per mostrare un preoccupante segno negativo.

È ciò che è capitato anche a Giovanni, 60 anni, prossimo alla pensione, che si è rivolto alla sua banca fidandosi del consiglio di sottoscrivere alcuni fondi.

A distanza di anni, guarda il suo conto e vede solo rosso. Una situazione comune, ma tutt’altro che semplice.

Oggi voglio raccontarti la sua storia.

Una storia che si ripete

Il caso di Giovanni è emblematico: si è fidato della banca, ha lasciato investiti i suoi soldi per diversi anni senza intervenire e oggi si ritrova in perdita.

Purtroppo questa è una situazione comune: tanti sottoscrivono fondi pensando che basti “aspettare”, ma senza avere e seguire una strategia precisa, le perdite possono diventare dolorose.

A preoccupare non sono solo i numeri, ma il senso di impotenza, il timore di aver sbagliato tutto e l’ansia per il futuro.

Il peso delle emozioni

La prima reazione davanti al rosso è emotiva: ansia, paura, voglia di “scappare”.

Si pensa subito a disinvestire, quindi vendere tutto e cercare, come si usa dire, di salvare capra e cavoli. Il problema è che spesso questa non è la soluzione migliore, e potrebbe davvero

Ma agire sull’onda dell’impulsività è l’errore più comune, perché le perdite virtuali possono diventare reali solo se vendiamo.

Ed è proprio in quei momenti che l’investitore deve fare un passo indietro, sedersi, ragionare e analizzare la situazione: certo, capisco che non sia facile mantenere la calma in questi momenti, però è fondamentale per capire molte cose.

Comprendere i numeri: quanto stiamo perdendo davvero?

Spesso si parla di perdite in valore assoluto: “Sto perdendo 10.000 euro!”.

Ma è fondamentale analizzare quanto si sta perdendo in percentuale rispetto al capitale totale.

Se il patrimonio complessivo è di 300.000 euro, una perdita di 10.000 euro rappresenta un -3,3%, non una tragedia. Serve contesto, altrimenti si rischia di ingigantire il problema e di farsi prendere ancora di più dal panico.

Il bias del singolo strumento

Un altro errore classico è focalizzarsi su un solo fondo, su un singolo ISIN in perdita, ignorando il resto del portafoglio.

Ma un portafoglio ben costruito è diversificato: è normale che alcune posizioni vadano bene e altre vadano male. Se tutti gli strumenti si muovessero insieme, non sarebbe un portafoglio decorrelato. Il segreto è analizzare il risultato complessivo, non il singolo fondo: questo è un errore molto più comune di quanto pensi.

Eventi esterni, come il ritorno di Trump alla Casa Bianca, generano volatilità, ma non tutto cala.

Ad esempio, mentre l’azionario può soffrire, l’oro o l’obbligazionario possono salire. Ecco perché la diversificazione serve: avere strumenti decorrelati permette di assorbire meglio le scosse del mercato. Il problema nasce quando tutto il portafoglio è composto da fondi simili tra loro o con strutture costose.

Il vero problema: i costi nascosti

Ed eccoci al vero tema strutturale: i costi. Troppi fondi collocati dalle banche hanno commissioni annue elevate (anche oltre il 2,3%). In molti casi, questi costi erodono i guadagni potenziali.

Come può crescere un investimento quando parte già “zavorrato”? È un problema noto: costi troppo alti = rendimenti troppo bassi.

Eppure, molti lo scoprono solo anni dopo, quando è troppo tardi.

Questi costi inoltre sono nascosti: spesso la consulenza offerta in banca sembra gratuita. Ma è davvero così? In realtà, i costi sono “incorporati” nei prodotti venduti.

Il consulente viene remunerato dalla banca, che guadagna dalle commissioni prelevate ogni anno dai fondi. Il conflitto d’interessi è evidente: il consulente non è indipendente e spesso non è incentivato a fare davvero l’interesse del cliente.

Cosa fare in pratica

Per Giovanni (e per chi si trova in una situazione simile), la strada non è chiudere tutto, ma analizzare il portafoglio.

Da dove partire? Dal codice ISIN. Con quello, è possibile recuperare il KID (Key Information Document), dove sono indicati i costi, i rischi e la performance storica. Solo capendo cosa si ha in mano si può decidere con consapevolezza.

Se non si hanno le competenze per fare un’analisi da soli, conviene farsi aiutare.

Ma da chi? La risposta è semplice: da un consulente indipendente, pagato direttamente dal cliente. In questo modo si elimina il conflitto di interessi. Proprio come si paga un medico per una visita, così dovrebbe avvenire anche con chi si occupa dei nostri soldi.

La situazione di Giovanni potrebbe trasformarsi da una storiaccia a una storia a lieto fine.

Ma solo se cambia qualcosa: approccio, metodo, consapevolezza.

Continuare a sperare che “le cose si aggiustino” da sole non basta: serve studio, strategia e il coraggio di rimettere mano ai propri investimenti.

A tal proposito ci tengo a lasciarti alcune guide che trattano proprio il tema degli investimenti in perdita e che potranno indirizzarti al meglio verso una scelta consapevole e che non ti faccia perdere tutto:

Ti auguro un buon proseguimento qui su Affari Miei!


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Imprenditore e Investitore - Co-fondatore di Affari Miei
Ha fondato Affari Miei nel 2014. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha approfondito la sua storica passione per l'economia e la finanza conseguendo un Master Executive in Consulenza Finanziaria Indipendente. É autore dei libri "Vivere di Rendita - Raggiungi l'Obiettivo con il Metodo RGGI" (2019) e "Investimenti Sicuri - Come Proteggere il Tuo Patrimonio e Vivere di Rendita" (2023).
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