Redditi di Capitale: Definizione e Tassazione Dividendi (Capital Gain)

Quando parliamo di redditi da capitale ci riferiamo a quei redditi che sono derivati principalmente da:

  • strumenti finanziari
  • dividendi dovuti per partecipazione

La normativa in Italia, come capita spesso soprattutto nel caso in cui si parli di tasse, è relativamente confusa e per questo motivo abbiamo pensato di preparare una guida per i nostri lettori che parli di tassazione di redditi da capitale, di capital gain e non solo.

Sì, perché se stata apprestandovi ad investire, a prescindere dallo strumento, sarà per voi interessante tenere conto di quello che può essere ritenuto una rendita da capitale e quello che invece non può esserlo.

Redditi diversi e redditi di capitale, la normativa di riferimento

La normativa di riferimento sulla tassazione dei redditi da capitale è il Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR), che agli articoli 44 e 45 si riferisce proprio ai redditi da capitale.

Come capita spesso a livello codicistico in Italia, non esistono purtroppo delle definizioni precise della categoria, che dovremo desumere da quanto riportato a livello di fattispece dal testo di cui sopra.

Possiamo, elaborando la legge e appoggiandoci anche a quanto (molto poco in realtà) si sia già detto in giurisprudenza, dividere i redditi da capitale in due macro categorie:

  • da un lato abbiamo i redditi che derivano da rapporti di finanziamento
  • dall’altro lato invece abbiamo i redditi che derivano da partecipazione in attività finanziare, ovvero i cosiddetti dividendi

Cominceremo la nostra disamina fiscale e giuridica dal primo dei due casi. Continuate a leggere.

Proventi: significato. I redditi da capitale  e proventi derivanti da finanziamento o da rendita finanziaria

La categoria che interessa la maggior parte delle persone è quella delle rendite che derivano da rapporti di finanziamento o comunque da rendite finanziarie.

Sono le rendite che si percepiscono come remunerazione di un contratto che prevede da una parte noi, i risparmiatori, dall’altra una banca, un istituto di credito, un’azienda o anche uno stato, che ottiene il nostro denaro per usarlo come meglio crede. In cambio di questo denaro che viene prestato, il debitore offre un interesse, che coincide con la rendita finanziaria.

Per questa categoria, il dovuto al fisco è quanto segue:

  • aliquota del 26% su tutti gli interessi che arrivano da dividendi, interessi attivi bancari, interessi attivi postali, certificati di deposito, conti deposito, obbligazioni non statali;
  • aliquota al 12,50% per i titoli di Stato, che siano stati emessi dall’Italia o da uno qualunque dei paesi che non sono inclusi nelle blacklist;

L’aliquota va calcolata tenendo come imponibile esclusivamente l’interesse che viene percepito: verseremo dunque il 26% (oppure il 12,5%) di quanto riceviamo periodicamente sotto forma di pagamento dal nostro debitore.

I redditi da capitale – le partecipazioni

Per quanto riguarda invece i redditi che provengono da partecipazione o che sono derivanti dai dividendi di partecipazione, le cose si fanno relativamente più complicate.

La tassazione delle azioni e dei dividendi infatti deve necessariamente variare in relazione a due criteri, ovvero:

  • Dove si trova la società che eroga i dividendi,
  • La quota di partecipazione in capo al soggetto che deve essere tessato

Li analizzeremo tutti e due, al fine di poter capire più in dettaglio come dovremo muoverci.

Il criterio della partecipazione: qualità e quantità

È fondamentale individuare la qualità della partecipazione del socio che andrà tassato. Possiamo infatti essere davanti a due situazioni, ovvero la partecipazione qualificata e la partecipazione non qualificata. I criteri ai quali si ricorre sono in genere due:

  • la quota detenuta
  • i diritti di voto che tale partecipazione garantisce

A scopo riassuntivo vi proponiamo la divisione tra società quotate in borsa e società non quotate in borsa, che dovrebbe aiutarvi ad individuare la qualità della vostra partecipazione.

Il criterio della partecipazione per le società quotate in borsa

Per quanto riguarda le società quotate in borsa abbiamo:

  • partecipazione qualificata: nel caso in cui la quota detenuta sia superiore al 5%, oppure nel caso in cui attribuisca diritti di voto superiori al 2%;
  • partecipazione non qualificata: nel caso in cui si detenga invece una quota inferiore al 5% o che comunque non sia in grado di garantire diritto di voto superiore al 2%;

Le regole per le società di capitali quotate in borsa sono, come avremo modo di vedere tra pochissimo, molto più stringenti di quelle che riguardano società non quotate.

Il criterio della partecipazione per le società che non sono quotate in borsa

Per quanto riguarda invece le società di capitali non quotate, i criteri da seguire sono diversi:

  • si può parlare di partecipazione qualificata quando si detengono il 25% o più delle quote societarie e quando queste attribuiscono almeno il 20% dei diritti di voto;
  • nel caso in cui non si raggiunga tale quota, la partecipazione è invece da considerarsi non qualificata.

Il criterio della localizzazione

Importante, come abbiamo anticipato poco prima, anche dove si trova la società. Di questo si deve tenere conto non solo per calcolare l’aliquota ma anche per quanto riguarda la fiscalità nel caso in cui la società sia in paesi che vengono ritenuti dalle autorità come a fiscalità privilegiata.

Come stabilire l’aliquota per i redditi da società residenti

Per quanto riguarda le società residenti, le aliquote da applicarsi sono diverse per le persone fisiche e per le persone giuridiche in forma di società di capitali. Per quanto riguarda le partecipazioni qualificate:

  • Le persone fisiche o le società di persone che ricevono dividendi li aggiungono in forma di base imponibile al 49,72%. Su tale imponibile si applicano le aliquote IRPEF dovute;
  • Le persone giuridiche hanno una base imponibile del 5% sul dividendo;

Per quanto riguarda invece le partecipazioni non qualificate, abbiamo:

  • ritenuta alla fonte del 26% a titolo di imposta, per le persone fisiche che non sono titolari di partita IVA; in questo caso non sarà necessario riportare nulla in dichiarazione dei redditi perché le trattenute sono alla fonte,
  • una base imponibile del 49,72% per le persone che sono titolari di partita IVA e per le società di persone; su questo imponibile andrà pagata l’aliquota IRPEF ordinaria;
  • una base imponibile del 5% per le società dei capitali, che può essere portata a 0% nel caso in cui i soci abbiano optato invece per il regime di trasparenza totale, ovvero con tassazione IRPEF direttamente in capo ai soci;

Questo è quanto per le società residenti. Per quanto riguarda invece le società estere è necessario analizzare ulteriormente la questione.

I dividendi delle società che non sono residenti in Italia

Nel caso in cui le società non fossero residenti e si trovino in paesi a fiscalità privilegiata, in entrambi i casi della partecipazione qualificata o non qualificata il reddito di questo tipo costituisce base imponibile IRPEF o IRES per il 100% dell’ammontare ricevuto, a prescindere dal fatto che si siano pagate o meno delle tasse nel paese di origine.

Il regime in questione è da ritenersi non operante nel caso di CFC, ovvero Società Straniere Controllate, oppure nel caso di ammissibilità dell’interpello.

Il caso del Capital Gain

Ulteriore differenza dobbiamo necessariamente farla per il capital gain, ovvero l’incremento di capitale che permette di avere un valore superiore del nostro portafoglio rispetto al prezzo di acquisto.

Immaginiamo di aver acquistato una quota di una società per azioni per 1.000 euro e che al prezzo di oggi, giorno in cui abbiamo deciso di venderle, valgano 1.200 euro. Il capital gain sarebbe appunto la differenza tra il nuovo prezzo e quello d’acquisto, ovvero 200 euro.

Per calcolare il capital gain ai fini fiscali vale la data di vendita, ovvero il giorno in cui questa plusvalenza viene effettivamente incassata.

Il trattamento fiscale è molto simile a quello delle partecipazioni in società, quotate o meno:

  • le persone fisiche: pagano il 49,72% del capital gain come imponibile IRPEF nel caso in cui abbiano ceduto quote di partecipazioni qualificate; si paga invece un’aliquota fissa del 26% in caso di partecipazioni non qualificate;
  • le imprese e le società: possono dedurre anche le minusvalenze e registrano, a livello IRAP, di anno in anno eventuali plusvalenze;

Esistono inoltre dei casi che possono portare alla cosiddetta *partecipation exemption**, ovvero alla possibilità di godere di agevolazioni in alcuni casi:

  • possesso ininterrotto delle azioni dal primo giorno del dodicesimo mese dell’anno precedente la cessione;
  • iscrizione tra le immobilizzazioni finanziarie;
  • residenza della società partecipata in un paese che non sia a fiscalità privilegiata;
  • la società partecipata deve svolgere attività commerciale;

Tassazione rendite finanziarie: una tassazione caotica, che può modificare la convenienza dei vari strumenti

Al termine della nostra guida non dovrebbe essere molto difficile capire il fatto che la tassazione dei capitali in Italia non è delle più lineari e che dietro determinate scelte, inoltre, si nasconde la volontà da parte del legislatore di favorire alcuni tipi di risparmio e investimento, su tutti i titoli di Stato che son tassati solo al 12,5%.

Una situazione che dovrebbe assolutamente indirizzarci verso l’investimento più adatto a noi, tenendo conto ad esempio del fatto che tra conto deposito e obbligazioni, due forme di investimetno dai rendimenti simili e anche dal profilo di rischio pressoché coincidente, hanno un livello di tassazione molto diverso tra loro.

Prima di investire, dunque, carta e penna e via a calcolare quale sarà il rendimento lordo del nostro investimento, rispetto ad altre categorie che potrebbero essere meno convenienti all’apparenza ma più interessanti dopo il calcolo delle tasse.

Non c’è altro da sapere per quanto riguarda la tassazione delle rendite finanziarie. Continuate a seguirci per avere gli strumenti di cui avete bisogno per investire i vostri capitali in modo oculato  e farli crescere in modo rigoglioso, facendo la scelta giusta.

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Imprenditore e Investitore - Co-fondatore di Affari Miei
Ha fondato Affari Miei nel 2014. Dopo la laurea in Giurisprudenza, ha approfondito la sua storica passione per l'economia e la finanza conseguendo un Master Executive in Consulenza Finanziaria Indipendente. É autore dei libri "Vivere di Rendita - Raggiungi l'Obiettivo con il Metodo RGGI" (2019) e "Investimenti Sicuri - Come Proteggere il Tuo Patrimonio e Vivere di Rendita" (2023).
Categorie: Investimenti

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